La sindrome del sovrallenamento: come riconoscerla e cosa fare.
Gli effetti dell’attività fisica sono molto noti a tutti coloro che fanno un minimo di sport. Per alcuni, però, questo senso di appagamento, i progressi nella cura e definizione del proprio corpo e l’identificazione nella figura dello sportivo irriducibile, spesso possono diventare le cause di una dipendenza da allenamento. Parlo della sindrome da sovrallenamento, chiamata anche overtraining.
Cos’è la sindrome da sovrallenamento?
Il sovrallenamento è una condizione abbastanza frequente e complessa che descrive una serie di sintomi dovuti, sostanzialmente, da un alterato rapporto tra allenamento e recupero, le cui cause vanno ricercate in diversi fattori scatenanti e va distinto dalla semplice fatica.
Si può definire come quella condizione in cui un individuo spinge la frequenza e l’intensità degli allenamenti oltre la capacità di recupero del proprio fisico. Si verifica un malessere globale che provoca diversi sintomi di natura fisica e psicologica, ma soprattutto si ha una riduzione della prestazione atletica.
Come vi ho già scritto nel mio articolo precedente l’aumento del rendimento atletico si ottiene attraverso lo stimolo allenante: infatti le capacità dell’organismo (forza, resistenza, coordinazione ecc) aumentano in relazione al carico utilizzato, ma è altrettanto vero che senza il riposo e l’alimentazione questo stimolo può risultare vano o controproducente, fino all’insorgenza del sovrallenamento.
Varie sono le cause dell’overtraining: oltre all’allenamento eccessivo e l’inadeguato recupero: uno scorretto stile di vita, una inadatta alimentazione, un’insufficiente riposo notturno e una situazione di stress quotidiano (lavorativo, familiare, ecc…)
Quali sono i sintomi?
Generalmente tale sindrome viene accompagnata da una serie di sintomi caratteristici:
- Dolori muscolari e articolari;
- Improvviso calo delle performance
- Elevati valori di frequenza cardiaca a riposo
- Fatica eccessiva durante l’allenamento anche a battiti cardiaci medio bassi; difficoltà a far salire la frequenza cardiaca durante l’allenamento; difficoltà a far scendere la frequenza ai valori normali durante il recupero
- Disturbi dell’umore quali: senso di affaticamento, irritabilità, depressione e mancanza di entusiasmo (anche nei confronti dello sport)
- Mal di testa
- Aumentata suscettibilità alle infezioni delle prime vie aeree
- Disturbi gastrointestinali
- Insonnia, apatia
- Riduzione dell’appetito
- Perdita di peso
- Amenorrea (nelle donne)
- Lesioni muscolo-scheletriche da sovraccarico
Tale sintomatologia si realizza in seguito ad uno squilibrio del sistema neuroendocrino e orto-simpatico cui si associa una riduzione delle difese immunitarie. Naturalmente sarà necessario effettuare una serie di esami di laboratorio per escludere situazioni patologiche diverse, ma che presentano gli stessi sintomi, come infezioni virali (stanchezza, dolori muscolari, riduzione dell’appetito, etc.) o verificare che la fatica non sia semplicemente legata alla presenza di anemia e/o mancanza di ferro.
I rischi del sovrallenamento:
Al di là della dipendenza psicologica dall’allenamento, l’overtraining è anche un rischio per il fisico: Esso può portare a un aumento del rischio d’infortuni dovuto alla ripetitività dell’allenamento, per cui muscoli, tendini, legamenti e ossa subiscono uno stress che, senza un adeguato periodo di recupero, può determinare traumi importanti.
Il sovrallenamento può indurre il catabolismo proteico (o muscolare): il corpo, esausto, inizia a consumare i muscoli e quindi una diminuizione della massa muscolare e infine diminuzione della densità delle ossa, poichè troppi esercizi fisici possono ridurre il livello di estrogeni nelle donne, esponendole maggiormente al rischio di osteoporosi.
- Sapendo che uno dei classici sintomi del sovrallenamento è rappresentato dalle alterazioni della frequenza cardiaca (maggiore a riposo e minore – a parità di fatica – negli allenamenti), si può verificare in modo diretto l’entita di tale sindrome attraverso il test della frequenza cardiaca ortostatica (Orthostatic Heart Rate Test) che indaga il grado di stress dell’atleta e, di riflesso, la sua salute.
- Questo test, che richiede semplicemente un cronometro e un cardio frequanzimetro e si esegue così:
- sdraiarsi e rimanere a riposo per almeno 15 minuti
- registrare la frequenza cardiaca (FC1)
- alzarsi
- dopo 15 secondi misurare nuovamente la frequenza cardiaca (FC2)
- calcolare la differenza tra R2 e R1
- Se tale differenza supera i 15-20 battiti è probabile che l’atleta non abbia adeguatamente recuperato dall’ultimo allenamento o sia stressato per altre ragioni. Si dovrà pertanto valutare seriamente la possibilità di diminuire il volume e l’intensità del programma allenante. Le sessioni di allenamento infatti dovrebbero sempre essere programmate e personalizzate, prevedendo adeguati periodi di ristoro nei quali il corpo abbia il tempo di riequilibrarsi dopo essere stato sottoposto alle sollecitazioni stressanti che ogni programma di allenamento induce nell’organismo.
Quali consigli dare ad un atleta per evitare questa potenziale catastrofe?
- Affidarsi sempre a figure professionali qualificate che prescrivano programmi di allenamento personalizzati, adeguati alle caratteristiche individuali ed allo stato di forma del soggetto;
- Conformarsi ad uno stile di vita sano che preveda una corretta alimentazione, meglio se prescritta da uno specialista del settore;
- Concedersi un adeguato periodo di riposo tra gli allenamenti;
- Dormire un numero adeguato di ore;
- Accettare i propri limiti, affrontandoli con la convinzione che con impegno e forza di volontà si possono superare;
- Non allenarsi per un tempo eccessivo: i livelli di cortisolo iniziano ad aumentare significativamente dopo 40-50 minuti dall’inizio dell’esercizio e contemporaneamente diminuiscono quelli di testosterone;
- Controllare periodicamenti i propri valori ematici;
- Assumere integratori senza abusarne;
- Pianificare l’allenamento in relazione alla vita familiare, al lavoro e agli impegni sociali. Quando lo sport non è sincronizzato al resto delle attività diventa stressante e molto difficile da gestire;
- Organizzare il programma annuale prevedendo brevi momenti di rigenerazione totale (ad esempio 4-7 giorni di astensione totale).
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